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giovedì 3 maggio 2012

Calcio moderno: quando la follia indossa giacca e cravatta

Di "pure" follie il calcio è pieno. Colpi di tacco, rovesciate, scavetto. Il repertorio potrebbe andare avanti per giorni interi riportando alla memoria alcuni gesti che hanno reso leggendario questo sport. Appunto di sport si dovrebbe trattare. Il condizionale è d'obbligo. Ciò che è andato in scena ieri sera al Franchi di Firenze è un'altra follia in piena regola. Ma questa volta con un sapore diverso. Un incontro di boxe tra l'ormai ex-tecnico della Fiorentina Delio Rossi e un suo giocatore, Adem Ljajic. Il tutto avvenuto un attimo dopo la sostituzione di quest'ultimo. Con questo, però, non voglio dare vita all'ennesimo commento popolare che discerne alla perfezione ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Il mio non vuole essere un intervento paternalisco o da paladino della giustizia. Vuole essere solo un invito alla riflessione. Tutti i media hanno dato risalto alla vicenda con una certa ilarità per il curioso accaduto fino a spingersi ai limiti del grottesco. Come se il tutto fosse uno sketch comico o una parodia. Al massimo ci si è limitati al classico commento di circostanza che, con un certo stupore, attribuiva quel folle gesto ad una persona così pacata. Ma come - ci si chiedeva - come ha potuto Delio Rossi? Proprio lui? Forse ci si stupisce così tanto solo perché a compiere quello sgradevole gesto è un uomo in giacca e cravatta. Fosse stato un ultrà a rendersi complice di un comportamento simile si sarebbe prontamente parlato e scritto in altri termini. Più duri e decisi. Senza giustificazioni o attenuanti. E giù titoli e giudizi di valore: "assassini", "meritano la galera", "male del calcio". Solo per citarne alcuni. Frasi preconfezionate e pronte all'uso che i media custodiscono gelosamente nel cassetto pronte a farle riafforare con puntualità alla prima occasione utile. Per gli ultrà del Genoa, recentemente protagonisti di aver fatto sospendere per alcuni minuti il match tra la squadra rossoblù e il Siena si erano dette le peggio cose. Appoggiati dai Soloni del calcio e da tutti i protagonisti dell'informazione sportiva. Ma qual è la direzione del nostro calcio? Certamente lo sbando. Quello che fa notizia sono solo cazzotti, presidenti vulcanici, sputi in faccia, calcio scommesse, partite truccate, cori razzisti. Ci si è spinti fuori dal campo a ricercare notti brave, patenti ritirate, vizi e stravaganze di una categoria agiata. Come se il marcio che serpeggia sul rettangolo di gioco e nei palazzi che contano non bastasse. Mai una nota positiva. Mai un aspetto che richiami i veri valori di uno sport come il calcio che rotola a ritmo incalzante verso il baratro. Show must go on. Non c'è tempo per le iniziative di beneficenza a cui i tifosi danno il via quotidianamente. Non c'è la volontà di evidenziare come la partita e gli eventi concomitanti costituiscano spesso un' arena sociale di pura aggregazione e sano divertimento. Non c'è spazio per scrivere come nella recente alluvione che ha colpito Genova si siano ritrovati a spalare fianco a fianco gruppi ultrà appartenenti a diverse squadre. Certo il diverso colore della maglia in certi casi non ha ragione di esistere. Ma nella società in cui siamo, imperniata da una non-cultura, anche questo, in fondo fa notizia.

3 commenti:

  1. Condannando fermamente ogni tipo di violenza vi riporto solo alcuni dati. Delio Rossi: 3 mesi di squalifica. Ultrà Genoa: 53 Daspo (numero parziale e in crescita) della durata di 5 anni ciascuno. Nel caso dell'allenatore violenza sotto gli occhi di tutti. Ma si è voluto vedere l'alibi di un padre che punisce il figlio. Nel caso degli ultrà, ad esclusione della bomba carta lanciata, dove è la violenza? A voi i commenti.

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  2. Vedo un "rocchetto" , in inglese : "spool" .
    Chi e' in una mafia lancia un catalista .
    Poi vi tese attorno i propri interessi .
    Chi non e' nelle mafie e' spettatore .
    Anche lui vive attorno a quel rocchetto .
    Il rocchetto rimane incompreso .

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  3. Il problema è proprio questo. Chi non è nelle "mafie" non deve essere spettatore. Lo spettatore è prevalentemente "passivo" di fronte agli eventi. Invece bisogna farsi portavoce di un'informazione disinteressata al potere il cui fine deve essere quello di denunciare le ingiustizie. Se poi sono gli stessi media a far passare il messaggio sbagliato senza battere ciglio allora il rocchetto diventa più ingarbugliato.

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