MILANO.
Venerdì notte presso la discoteca "The Beach" è morto un
ragazzo di 29 anni. A differenza di tutti i media, ci disinteressiamo
della professione della vittima. Il fatto che faccia un lavoro
piuttosto di un altro non aumenta il valore della sua morte. Il
presunto assassino sarebbe un 27enne, anch'egli nel locale milanese
per divertirsi. Anche in questo caso ci scostiamo dalla maggioranza
dei mezzi di comunicazione, evitando di emettere una sentenza di
condanna. Se è stato lui, siamo certi che pagherà. Senza voler fare
spargere semi di un'inutile polemica.
La questione
che si vuole mettere in luce è un'altra. La mattina seguente
l'Italia, e in particolare Milano, sembra essere caduta dal pero.
Molte sono le domande che non hanno trovato risposta. Sui social
network, come al solito, si trovano le più divertenti. Ma in
generale il web è sempre fonte di ispirazione. Retorica e banalità
regnano sovrane. Ci si chiede come si fa a morire mentre ci si
diverte, se è il caso di andare ancora a ballare, se il problema è
l'utilizzo di droghe ed eccessive quantità di alcol. A questo punto
la domanda la poniamo noi: ma dove avete vissuto tutto questo tempo?
Ma nessuno si è accorto di cosa è diventata una discoteca in
Italia? Non si tratta di droga, di alcol e così via. Il punto è un
altro: il modello sociale dominante è improntato sulla violenza.
In Italia il
cinema e, soprattutto, la televisione hanno proposto figure di
riferimento per i ragazzi eccessivamente aggressive. Il processo è
una militarizzazione delle generazioni più giovani, al fine di
riuscire a controllarne le azioni e i pensieri. Con il termine
militarizzazione si intende anche l'omologazione degli individui:
renderli uguali in modo tale da non doversi preoccupare della
deviazione da questo modello. Il gruppo adotta autonomamente la
prassi di esclusione di coloro che si allontanano dal modello. Il
classico "sfigato", per intenderci. Le caratteristiche sono
agli occhi di tutti. Il modo di vestirsi è lo stesso.
L'atteggiamento nei confronti dell'Altro è sempre scontroso e
diffidente. L'unico modo per risolvere le controversie è lo scontro
aperto, chi rimane in piedi dimostra la sua supremazia e può
continuare a divertirsi. Se l'altro è abbastanza duro non ritornerà
subito ad attaccare il nemico, ma riunirà una trentina di persone
per la resa dei conti a fine serata, sperando che la compagnia del
rivale non sia superiore alla sua in numero. Può apparire una
spiegazione in perfetto stile National Geographic,
ma molti di voi sanno che si sta illustrando un serata tipica nelle
discoteche di Milano. Anche a livello sociologico si potrebbe muovere
qualche critica, ma ritengo che questo modello sia abbastanza
attendibile. Le discoteche sono diventate il luogo rituale dove
consumare la violenza, così da permettere alla società di godere
della quiete da essa provocata. In altre parole, ci si ammazza li
dentro e fuori si vive tranquilli. Non è così chiaramente.
Detto questo, non si può che apprendere con inquietante freddezza la
notizia della morte di un ragazzo in una discoteca del capoluogo
lombardo. Stupisce di più il fatto che non muoia una persona a week
end, piuttosto. A questo punto qualche domanda sorge spontanea.
Siccome le televisioni, i giornali e i media in generale parlano del
degrado dei giovani nei locali, perché non chiuderli? Perché i
Comuni, le Province, le Regioni o lo Stato non adottano sistemi di
emergenza nei confronti di territori di siffatta perdizione? Sbarrate
le discoteche e vediamo dove la mandria di animali – perché un
individuo che pensa solo al sesso e a "difendere" il
proprio territorio e la propria reputazione è evidentemente un
animale – in cerca di onore e sangue andranno a sfogare i loro
istinti omicidi. Magari sotto il Comune? O andranno direttamente a
Montecitorio? A quel punto se ne vedranno delle belle.
Concordo pienamente. Aggiungerei che oramai da un bel po' di anni a sta parte non è più solo necessariamente lo "sfigato" ad essere preso di mira; quello era un fatto reale ma alla fine riflette una situazione tipica: un modello quasi da Happy days, quello del dualismo "bullo-figo vs sfigato", ormai consegnato alla mitologia sociologica e tutto sommato "innocuo", se non addirittura "fisiologico"; forse lo sfigato inteso in questo senso non esiste neanche più (perché nella società attuale non sopravviverebbe proprio) e se esiste probabilmente in discoteca non ci mette piede.
RispondiEliminaOggi ad essere preso di mira è il "diverso", intendendo con questo termine tutti i tipi di "diversità". Quella di razza, di religione, certo...ma purtroppo e soprattutto, almeno nel mondo delle discoteche, quella individuata secondo canoni estetici, quelli della moda, dei comportamenti stereotipati.
Il fatto che la fantastica era delle mille libertà sbandierate abbia per ora prodotto svariate forme di dogmatismo sociale è solo il primo dei paradossi della nostra epoca che si possono individuare...la lista intera sarebbe troppo lunga.