Genova.
«Il nostro motto è voi
pedalate e noi suoniamo».
A parlare è il direttore della Banda
di Piazza Caricamento,
Davide Ferrari, durante il concerto organizzato venerdì 4 maggio al
Teatro dell'Archivolto. «Il Ri-Ciclo Music non è solo un progetto
che prevede l'alimentazione dell'impianto audio tramite l'energia
dinamica prodotta dalle biciclette – prosegue Ferrari – ma
l'obiettivo è anche di ricostruire strumenti con oggetti che si
trovano per strada». Non è un caso che a un certo punto ci si
accorge di un boccione dell'acqua utilizzato come percussione. In
questo senso il termine Ri-Ciclo Music assume un doppio significato.
A illustrare i risultati di questa invenzione
è stato
Hicham Lahyani, il co-responsabile del progetto,
che tra un brano e l'altro trasmette un messaggio che viene letto
davanti a tutta la platea: «Il consumo di questa sera è stato di 1
Chilowatt all'ora e le emissioni di CO2 sono pari a zero. Il teatro
ringrazia per il risparmio». È l'obiettivo della Echo Art, ossia
l'unione di musica ed ecologia.
Lo
spettacolo è stato elettrizzante. Il pubblico finisce di prendere
posto e le luci del teatro si spengono. Il sipario si apre e ciò che
rivela il palco è curioso e, inevitabilmente, strano. Otto ciclisti,
volontari del pubblico, sono in sella alle bici collegate
all'impianto audio. Durante lo spettacolo i pedalatori si daranno il
cambio con altre persone della platea, contribuendo a diffondere un
grado di partecipazione collettiva molto elevato. La Banda
di Piazza Caricamento
fa il resto. E che resto!
Canto,
ballo e musica. Ecco i tre segreti che svelano il successo di questo
spettacolo. Il numero degli strumenti utilizzati non si può
calcolare, passando dalla modernità della batteria alla
tradizionalità del cajon, dal suono travolgente delle congas a
quello psichedelico del thermin. I generi esplorati e ricercati non
possono essere definiti. Sarebbe un'offesa al gruppo rinchiuderli in
uno stile. La presenza all'interno del gruppo di ben dodici
nazionalità differenti lascia intendere che anche la musica assumerà
l'aspetto del multiculturalismo. Infatti le sensazioni suscitate sono
diverse da canzone a canzone. Ogni singola esecuzione proietta
un'immagine personale. Ora siamo in India e un minuto dopo ci
ritroviamo in Marocco, passando dalla Grecia e riposando in Messico.
La
conclusione è stata esplosiva con tutto il teatro in piedi a
ballare. Si sa, il reggae difficilmente trattiene i muscoli del
corpo, che si fanno prendere dal ritmo e lasciano scorrere quel senso
di libertà nelle vene. Infine, come ultimo pezzo, la rivisitazione
di "Rock the casbah" non ha lasciato scampo nemmeno per i
più timorosi. All'uscita del teatro un inevitabile sorriso ci fa compagnia sulla via di casa. Ma anche molte
riflessioni. La musica può unire le persone, la musica può far
dimenticare le differenze, la musica può accompagnare mano nella
mano in un nuovo mondo.
Questo progetto rappresenta ciò di cui ORA il mondo ha bisogno: un ambiente pulito, l'integrazione fra i popoli e lo scambio culturale che sempre arrichisce. Chi ha partecipato a questo evento venerdì sera si è sicuramente arricchito!
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