«Nell'ordinamento
italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico
ufficiale, né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo
giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie
che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti di pedofilia». A
parlare è il segretario generale della Cei (Conferenza Episcopale
Italiana), monsignor Mariano Crociata. Quante volte ancora dobbiamo
ascoltare queste dichiarazioni senza batter ciglio? Quante volte
dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia? Perché solo in Italia si
possono fare certe affermazioni, senza nemmeno provare un filo di
vergogna?
Ogni
giorno ci scandalizziamo nel vedere fatti di cronaca nera e scandali
vari proiettati senza sosta sul piccolo schermo. Eppure la pedofilia
scatena sempre grande indignazione nell'opinione pubblica. Ci vuole
una correzione, non sempre. Mai quando questa è associata al clero.
Almeno nella nostra penisola. Ma se la pedofilia è praticata in
altre culture scatta automaticamente lo sdegno. Meglio proiettare
sempre verso l'esterno la quantità di odio giornaliera. Quante volte
abbiamo condannato i musulmani? Non tanto per la pratica della
poligamia, quanto per la possibilità data agli anziani di sposare
ragazzine in odore di pubertà.
Non
è accettabile che l'ordinamento ecclesiastico – che non coincide
con quello italiano e il monsignor Crociata se ne farà una ragione –
possegga ancora tali privilegi. Non siamo più nel Medioevo e i
risultati ottenuti con l'affermazione di uno Stato di diritto non
possono essere appallottolati e gettati in un cestino. I preti non
sono una "super casta" che può operare in totale libertà,
non-curandosi delle leggi e dando punizioni personali ad
hoc.
Allora perché accettare la coesistenza dell'ordinamento italiano e
di quello ecclesiastico, e non tollerare il sistema dei rom? Anche
questa comunità pretende autonomia e l'adozione di regole proprie
ma, che piaccia o no, per il principio della sovranità territoriale
dello Stato non è possibile. Non si tratta di moralità,
filosofia o demagogia. In questa sede non si vuole delegittimare la
figura del prete ne promuovere una guerra contro la Chiesa. Ma la
violenza sessuale ai bambini è uno schifo e non può passare
inosservato. È necessaria
una pena seria e concreta. Troppo facile confessarsi a un vescovo ed
essere spediti tra i monti a espiare i propri peccati. Si
presenterebbero così due reati: oltre alla pedofilia, il concorso di
reato del vescovo. Invece no. Tutto rimane come prima. Passate due
settimane chi si ricorda più del prete pedofilo? La memoria rimane
solo nei bambini a cui è stata strappata l'infanzia, prima dai loro
aguzzini poi da chi è interessato a stendere un velo di omertà
sulla vicenda.
Una notizia ci "allieta".
Nei primi giorni di febbraio 2012, papa Benedetto XVI condannò
nuovamente la pedofilia nell'ambiente cattolico. Durante il suo
"regno" avrebbe potuto cambiare l'ordinamento, obbligando i
vescovi a denunciare alle autorità competenti questi casi, ma si è
guardato bene dal farlo. Troppo spesso il sommo pontefice di Roma ha
parlato irresponsabilmente. Ma basta guardare il Vaticano e conoscere
il vero messaggio cristiano per comprendere l'unica grande verità:
quanta ipocrisia.
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