L'Europa, nonostante la
grave crisi finanziaria, ha accolto con trepidazione l'esito di
alcune tornate elettorali, due su tutte. In Francia le elezioni
presidenziali hanno consegnato l'Eliseo a François
Hollande. Il candidato socialdemocratico ha strappato la presidenza a
Nicolas Sarkozy, famoso compagno di risate di Angela Merkel,
assumendo così un ruolo chiave nell'assetto politico, strategico e
soprattutto economico dell'Unione Europea. In questo senso auguriamo
buona fortuna al neo Président. Un altro dato però salta
subito all'occhio. Al primo turno un partito su tutti, ottenendo un
successo inaspettato, è stato in grado di rappresentare quella fetta
di elettorato contraria alle scelte europeiste adottate dalla
precedente amministrazione: il Front National. Il partito di
Marine Le Pen ha colto l'insoddisfazione di quei cittadini stufi
dell'europeizzazione, che preferirebbero delle politiche volte al
rafforzamento dei mercati interni, portatori dei valori di
appartenenza alla patria spesso sfociata in una chiusura delle
frontiere culturali. Quella ideologia che viene comunemente e
grezzamente denominata nazionalismo. Fortunatamente il partito sotto
la guida di Marine si è staccato da quell'"estremismo
mezzosangue" che l'aveva contraddistinto negli anni precedenti,
quando alla guida c'era Jean-Marie Le Pen, padre dell'attuale
segretario.
L'altra partita decisiva
si è giocata in Grecia. Qui la situazione è decisamente più
complicata. Non è possibile delineare un chiaro quadro politico,
dato che la frammentazione partitica ha raggiunto livelli che nemmeno
l'Italia della prima repubblica poteva permettersi. Un nuovo
appuntamento elettorale sarebbe già in programma a giugno, così da
evitare l'impasse: le direttive della Troika potrebbero essere
seguite solo con un esecutivo forte e coeso. Ma il punto cruciale è
un altro. Il partito neonazista Alba Dorata ha racimolato un
7%, superando la soglia d'accesso del 3%, ottenendo il biglietto
valido per dei seggi al parlamento ellenico. Che sia un partito
antieuropeista, può anche passare. Ma, guardando alle dichiarazioni
dei suoi esponenti, c'è da preoccuparsi parecchio. «Siamo
favorevoli a collocare mine antiuomo al confine greco-turco, giacché
l'80% dell'immigrazione verso l'Europa passa da qui».
Per sciogliere tutti i dubbi basterebbe, per pura curiosità, andare
a vedere la bandiera del partito per comprendere che il richiamo
nazista (loro preferiscono definirsi nazionalsocialisti) sia al
centro del progetto politico.
L'Europa
d'altronde ha dovuto subire negli ultimi anni l'ascesa dei movimenti
di estrema destra, di chiara matrice xenofoba. L'Olanda e l'Ungheria
ne sono testimoni recenti. Ma da dove nasce il bisogno di un rifugio
nel nazionalismo oscuro? La crisi economica è certamente una
giustificazione. Anche il nazismo e il fascismo affondarono le loro
radici nel fango prodotto dalla crisi economica del '29. Se è vero,
come qualcuno sostiene, che la storia è un ciclo destinato a
ripetersi, allora siamo condannati a un ritorno di fiamma di queste
ideologie? Oppure si tratta solo di un ripudio di quella
globalizzazione e, nel nostro caso, di quella europeizzazione imposta
nella vita e nei pensieri delle persone? O ancora è l'espressione
multicolore dell'antipolitica che sta contagiando tutto il sistema
Europa e non solo noi italiani? È difficile credere a quest'ultimo
scenario, dato che il nostro caso è condizionato da altri elementi,
ma se così fosse dobbiamo ritenerci fortunati che la nostra
"degenerazione" sia approdata nel successo elettorale e
sociale del MoVimento 5 Stelle e non in una rivisitazione
fascio-comunista, tipico della vecchia scuola italiana.
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