Slot, gratta e vinci, bingo, poker, lotterie sono entrate oramai da tempo nel nostro immaginario quotidiano. Questione di bravura e ancor più di fortuna. Ma questione, soprattutto, di carattere. Debole nel maggiore dei casi. Gli aspiranti vincitori non sono più una nicchia. Sono milioni di persone che spinti da un gioco che assume i tratti della compulsività più sfrenata buttano via fortune. Sono uomini, donne, studenti, pensionati. Talvolta finiscono in mezzo a una strada. In gioco non ci sono solo i risparmi e gli averi costruiti con sudore nel tempo. In ballo ci sono le persone care, quelle che accompagnano la nostra vita ogni giorno. Ma l'alienazione è più forte. Di tutto e di tutti. E allora la logica conseguenza è rappresentata da menzogne, furti, indebitamenti. Ma se qualcuno piange sul latte versato c'è chi ride: lo Stato. Il business nel gioco legale ha prodotto nel 2011 oltre 76 miliardi di euro di introiti. Alla faccia della crisi e di chi con fatica e sudore riesce a chiudere il bilancio familiare quantomeno in pari. Lo Stato è ora presente, come non mai, e cavallerescamente prende a braccetto i giocatori. In tempi nei quali la parola d'ordine è recessione economica lo Stato non ha badato a spese. Così in questo rassicurante scenario assistiamo passivi a pubblicità, spot incitanti il gioco nelle sue svariate e infinite forme. Ma non solo. L'Aams ha consegnato un dvd dal nome "Giovani e gioco" a 70 mila studenti italiani contenenti questa frase: "Evolve chi si prende una giusta dose di rischio, mentre e' punito chi non rischia mai o chi rischia troppo!" Logica conseguenza degli slogan a cui ci siamo tristemente abituati: "Vincere non è mai stato così facile", "Vinci spesso, vinci adesso" dove viene sottolineata la presunta facilità e frequenza di vincita. Presunta per l'appunto. Ma non disperate. E' lo stesso Stato che con cura e premurosità propria della miglior madre ci raccomanda di giocare, con prudenza, moderazione, senza esagerare. Ma che cosa è il giusto? Chi lo sa. O meglio chi conosce la risposta non apre bocca. Anzi incita. A gran voce. Noncurante che 800 mila persone sono dipendenti dal gioco e altri due milioni di giocatori sono a rischio. Una vera e propria malattia per alcuni: il GAP, gioco d'azzardo patologico. Ma anche in questo caso c'è una soluzione pronta. Lo stesso Stato che prima ti invita a bere il veleno e poi tenta di salvarti la vita, fornisce il suo apporto economico ad alcuni centri di assistenza e di recupero dei giocatori d'azzardo. Magnanimo. Nessuna seria prevenzione, nessun messaggio che urli a gran voce ai più fragili e deboli che il gioco non può e non deve essere la risposta a tutti i problemi. Ma non è tutto. Gli interessi statali nel gioco, che rappresenta buona parte del Pil nazionale, procedono di pari passo con quelli della mafia e della malavita. I clan riciclano denaro sporco e attraverso le vincite, molto spesso alterando le macchinette, possono giustificare l'acquisto di beni e attività commerciali. In questo fertile terreno borderline dove la parola d'ordine è affari (sporchi) c'è proprio spazio per tutti. E il vincitore è uno solo.
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